L’equipollenza dei titoli di studio: un ponte tra passato e futuro professionale
L’equipollenza dei titoli di studio è un concetto fondamentale nel diritto amministrativo e nell’ordinamento professionale, specialmente in ambito sanitario. In termini semplici, stabilisce un’equivalenza giuridica tra titoli formativi diversi, spesso ottenuti in periodi o percorsi formativi precedenti (spesso “pre-universitari” o non accademici) e il nuovo titolo universitario abilitante istituito per l’esercizio di una professione regolamentata.
In sostanza, non è un’equiparazione tout court, ma un meccanismo che permette a professionisti già attivi, con titoli non universitari o un’esperienza professionale significativa, di ottenere il pieno riconoscimento giuridico per continuare a operare, evitando di dover ripetere un intero percorso formativo già svolto.
Il Precedente Storico: L'Equipollenza per i Fisioterapisti
Un caso storico di applicazione dell’equipollenza è quello che ha riguardato la figura del Fisioterapista.
Prima dell’istituzione del Corso di Laurea in Fisioterapia (CdL), l’accesso alla professione avveniva attraverso scuole regionali o statali che rilasciavano diplomi professionali (ad esempio, il Diploma di Terapista della Riabilitazione).
Quando la legge ha definito il profilo professionale del Fisioterapista e ne ha istituito il CdL abilitante (successivamente inserito nella classe di laurea L/SNT2), si è reso necessario un percorso per i professionisti già operanti.
L'iter normativo del Fisioterapista
Di seguito, in sintesi, il cammino che ha portato alla definizione attuale:
- 1950s – 1971 | Gli albori: Nascono le figure del massofisioterapista e del terapista della riabilitazione, formati con corsi regionali. Con il D.P.R. 1409/1971, il Terapista della Riabilitazione ottiene il primo riconoscimento formale.
- 1994 | La svolta: Il D.M. 741/1994 istituisce ufficialmente il Fisioterapista, professione sanitaria autonoma che sostituisce le figure precedenti, operando nella prevenzione, cura e riabilitazione.
- 2001 | L’Università: Viene istituita la Laurea Triennale (SNT/2), che diventa il requisito obbligatorio e unico per l’esercizio.
- 2018 | L’Ordine: La Legge Lorenzin (n. 3/2018) sancisce l’ingresso definitivo nel sistema ordinistico (Ordine TSRM-PSTRP).
Oggi, grazie anche alle leggi sull’equipollenza che hanno tutelato i professionisti formati prima del 2001, il fisioterapista è un pilastro insostituibile del SSN.
Il Parallelismo Attuale: Il Caso dell'Osteopata
Oggi, un parallelismo simile, ma differente in molti passaggi, si sta verificando con la figura dell’Osteopata, individuata come professione sanitaria dalla Legge 3/2018 (Legge Lorenzin) e il cui profilo è stato definito dal DPR 131/2021.
L'iter normativo dell'Osteopata
Negli ultimi anni, l’osteopatia ha percorso delle tappe normative volte al riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria.
- Pre-2018: L’osteopatia non è una professione sanitaria. L’unico riferimento è la norma europea UNI EN 16686.
- 2018 | Legge Lorenzin: è individuato l’osteopata come nuova professione sanitaria.
- 2020-2021 | Accordo Stato-Regioni e DPR 131/2021: definiscono il profilo professionale e istituiscono la professione, rimandando a futuri criteri la valutazione dei titoli pregressi.
- 2025: Viene diffuso lo Schema di Accordo Stato-Regioni del 31 luglio 2025, che propone i criteri per l’equipollenza.
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Scopri di piùCome vengono valutati i crediti per l'esame? (Le due casistiche)
La procedura si biforca in due strade, a seconda del background del professionista (se possiede o meno un’altra laurea sanitaria).
1. Osteopata senza Laurea Sanitaria
Per chi ha solo il titolo diplomato di osteopata (senza una precedente laurea in ambito sanitario), il percorso è il seguente.
- La Valutazione: formazione ed esperienza professionale saranno valutati nel dettaglio dalle commissioni preposte
- Il Gap Formativo: È probabile che debbano colmare un “debito” di crediti, specialmente nelle materie biomediche di base o nel tirocinio clinico, poiché la formazione è avvenuta al di fuori del sistema universitario.
- L’Obiettivo: Dovranno integrare la formazione fino a raggiungere i requisiti minimi (tramite corsi o tirocini compensativi) per essere ammessi al medesimo esame di abilitazione finale presso l’Università
2. Osteopata con Laurea Sanitaria
Questa categoria parte avvantaggiata nel calcolo dei crediti formativi necessari per accedere all’esame.
Il decreto stabilisce che, per essere ammessi all’esame di abilitazione, sono riconosciuti i CFU già acquisiti con laurea abilitante (o titolo equipollente) all’esercizio di una professione sanitaria.
Cosa significa: Chi è già Fisioterapista, ad esempio, vedrà riconosciuta la propria formazione universitaria sanitaria di base (anatomia, fisiologia, patologia, etc.). Dovrà quindi dimostrare di possedere le competenze specificamente osteopatiche per essere ammesso all’esame di abilitazione, senza dover ripetere materie sanitarie di base.
In sintesi, chi attualmente possiede un Diploma in Osteopatia non è automaticamente un dottore in osteopata per la legge. Per diventarlo, dovrà passare attraverso questo “imbuto” valutativo. Senza il superamento di questo iter e il conseguente provvedimento di equipollenza, il vecchio titolo rimarrà privo di valore abilitante e non consentirà l’iscrizione all’Albo, rendendo di fatto illegale l’esercizio della professione.
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L'importanza dell'Equipollenza per l'Osteopata
L’equipollenza per l’osteopata è cruciale:
- Riconoscimento Formativo: Permette di sanare la posizione di migliaia di professionisti che hanno investito in percorsi formativi (spesso quinquennali) nelle scuole private, gli unici disponibili per decenni in Italia.
- Valorizzazione dell’Esperienza: Riconosce il valore dell’esperienza professionale pluriennale acquisita “sul campo” in assenza di un quadro normativo universitario.
- Tutela del Cittadino: Assicura che, con la successiva iscrizione all’albo professionale (prevista per chi ha il titolo universitario o l’equipollenza), tutti gli osteopati operanti siano inquadrati e soggetti alle medesime regole deontologiche e di qualità, a tutela della salute pubblica.
In conclusione, l’equipollenza non è solo un atto burocratico, ma un meccanismo di giustizia e di transizione che permette a una professione di evolvere da un sistema formativo non regolamentato a un moderno assetto universitario nazionale, senza disperdere il patrimonio di competenze e professionalità già esistenti.