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Microbioma intestinale e endometriosi

Il microbioma intestinale può essere la chiave per diagnosticare l’endometriosi?

Microbioma intestinale e endometriosi

L’endometriosi è una patologia ginecologica complessa e spesso debilitante, che colpisce fino all’11% delle donne in età fertile, causando sintomi che possono compromettere seriamente la qualità della vita. Questa condizione si manifesta quando cellule simili al tessuto endometriale, che normalmente riveste la parete interna dell’utero, crescono in altre parti del corpo, comportandosi come il tessuto uterino: rispondono ai cambiamenti ormonali mensili, si infiammano, si rompono e causano dolore. Tuttavia, a differenza del normale tessuto uterino, queste cellule non possono essere espulse dal corpo, portando a infiammazione cronica e cicatrici nel tempo.

Il tessuto endometriale ectopico si trova più comunemente nell’area pelvica (ovaie, tube di Falloppio e peritoneo), ma può anche svilupparsi nel tratto gastrointestinale, nella vescica, nei polmoni e persino in altre aree dell’addome, anche se in questi casi si parla di localizzazioni meno comuni e più gravi.

Il sintomo principale dell’endometriosi è il dolore pelvico intenso, che spesso coincide con il ciclo mestruale, manifestandosi come crampi severi che possono irradiarsi fino alla schiena e alle gambe. Questo dolore è causato dalle lesioni endometriali che rispondono ai cambiamenti ormonali mensili, infiammandosi e provocando dolore al pari del tessuto endometriale nell’utero.

Altri sintomi includono:

  • Dolore pelvico e lombare cronico: che può persistere anche al di fuori delle mestruazioni e variare in intensità e durata.
  • Cicli mestruali prolungati e sanguinamento abbondante: le mestruazioni possono durare più di sette giorni e portare a emorragie abbondanti, con conseguente anemia e stanchezza cronica.
  • Disturbi gastrointestinali e urinari: molte donne soffrono di dolore addominale, nausea, gonfiore, diarrea o stitichezza durante il ciclo mestruale. Il dolore può anche presentarsi durante la minzione o l’evacuazione.
  • Dolore durante i rapporti sessuali: il dolore durante o dopo i rapporti sessuali è un sintomo frequente, legato alla posizione e alla densità delle lesioni.
  • Infertilità: l’endometriosi può influire negativamente sulla fertilità; infatti, si stima che circa il 30-50% delle donne con endometriosi possa avere difficoltà a concepire.

L’endometriosi può portare a complicazioni gravi, come aderenze (tessuto cicatriziale che unisce organi e strutture normalmente separate), cisti ovariche endometriosiche (dette anche “endometriomi”) e infertilità. I sintomi possono inoltre aumentare il rischio di problemi emotivi, come ansia e depressione, poiché la patologia influisce negativamente sulla vita sociale, lavorativa e personale delle donne colpite.

Poiché altre condizioni, come la malattia infiammatoria pelvica, le cisti ovariche e la malattia infiammatoria intestinale (IBD), causano sintomi simili, la condizione è difficile da diagnosticare: in media le persone affette da endometriosi aspettano anche 8 anni dalla prima segnalazione dei sintomi alla diagnosi.

Un nuovo studio apre la strada a una potenziale rivoluzione nella diagnosi dell’endometriosi, suggerendo che potrebbe essere identificata attraverso un semplice esame delle feci. Secondo la ricerca, pubblicata sulla rivista Med, le persone affette da endometriosi presentano livelli inferiori di un particolare metabolita batterico, il 4-idrossiindolo (4HI), rispetto a quelle senza questa condizione. Questa scoperta potrebbe portare alla creazione di un test non invasivo, capace di rilevare l’endometriosi tramite l’analisi delle feci, un’alternativa meno invasiva rispetto alle tecniche attuali, come la laparoscopia.

Il 4-idrossiindolo è un metabolita batterico che sembra essere significativamente ridotto non solo nelle persone con endometriosi, ma anche in quelle affette da malattie infiammatorie intestinali (IBD). Questo collegamento suggerisce che l’endometriosi e alcune condizioni infiammatorie croniche possano condividere alterazioni specifiche del microbiota intestinale, ovvero dei batteri che vivono nel nostro intestino e svolgono ruoli cruciali per la salute. Una variazione nei livelli di 4HI potrebbe quindi essere indicativa di squilibri o cambiamenti nella flora batterica intestinale che contribuiscono alla presenza di infiammazioni o alla crescita ectopica del tessuto endometriale.

Attualmente, diagnosticare l’endometriosi è complesso e spesso invasivo: le donne possono aspettare anni prima di ottenere una diagnosi corretta, con un percorso che passa frequentemente attraverso ecografie, risonanze magnetiche e interventi di laparoscopia esplorativa. La possibilità di diagnosticare l’endometriosi tramite un semplice esame delle feci rappresenterebbe quindi un progresso significativo, consentendo di individuare il disturbo con maggiore rapidità e meno disagio per le pazienti. Questo metodo potrebbe anche aiutare a diagnosticare l’endometriosi in stadi iniziali, permettendo un trattamento precoce e migliorando le prospettive per molte donne.

4-idrossiindolo: una possibile soluzione terapeutica?

Lo studio suggerisce inoltre che il 4-idrossiindolo non solo potrebbe servire come biomarcatore diagnostico, ma potrebbe anche rivelarsi utile per la prevenzione e il trattamento dell’endometriosi. Se si confermasse la sua capacità di modulare l’infiammazione e di influenzare il comportamento delle cellule endometriosiche, questo metabolita potrebbe essere sviluppato in una terapia innovativa, aiutando a prevenire la progressione della malattia o a ridurre i sintomi nelle pazienti già affette.

Questa ricerca segna un passo importante nell’ottica di comprendere meglio il legame tra microbiota intestinale e patologie ginecologiche come l’endometriosi. Studi futuri saranno fondamentali per validare i risultati, esplorando la possibilità di utilizzare il 4HI come trattamento e affinando il test delle feci per una diagnosi più accurata. Se questo percorso si dimostrasse efficace, potrebbe trasformare radicalmente l’approccio clinico all’endometriosi, migliorando l’accesso alla diagnosi e offrendo nuove speranze per chi convive con questa condizione debilitante.

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