Introduzione
Il Pregnancy-related Low Back Pain (PLBP) ed il Pregnancy-related Pelvic Girdle Pain (PPGP) sono disturbi frequenti nelle donne in gravidanza; il 45-72% delle gestanti (a seconda dei criteri diagnostici) lamenta dolore in zona lombare o pelvica e circa il 25% li riferirà nei mesi successivi al parto.
Ci sono diverse ipotesi cliniche a riguardo che coinvolgono l’aumento delle dimensioni dell’utero o l’aumento dei livelli di relaxina che, inizialmente messe in luce da alcuni studi, sono state successivamente ridimensionate da altri autori. Sono state suggerite ipotesi che coinvolgono lo spostamento anteriore del baricentro a seguito delle modificazioni anatomiche determinate dalla gravidanza, con conseguente difficoltà di adattamento delle strutture posteriori; anche queste affermazioni hanno mostrato criticità.
Tra i fattori di rischio troviamo storie di lombalgie precedenti, BMI pre-gestazionale >25, soggetti che compiono lavori faticosi durante la gravidanza, depressione, eccetera.
Alcuni autori propongono come definizione di PLBP un dolore nella regione lombare, tra la dodicesima costa e la piega glutea, con dolore alla schiena nella flessione e ROM ridotto, dolorabilità alla palpazione del muscolo erettore spinale e test provocativi della pelvi negativi.
Il Pregnancy-related Pelvic Girdle Pain si manifesta tipicamente in prossimità delle articolazioni sacroiliache ed è definito come un dolore lancinante nei glutei, lateralmente all’area L5-S1, con o senza irradiazione a coscia o ginocchio posteriore, ma non al piede, ROM normale delle anche e del rachide e almeno un test provocativo per dolore pelvico positivo.
Le donne con PLBP e PPGP hanno riportato un peggioramento al Disability Rating Index (DRI) confrontate con donne in stato di gravidanza, ma senza sintomi (34esima-37esima settimana di gestazione); l’8% delle donne con PLBP arriva a livelli di disabilità severa. Al dolore si associano spesso meccanismi di catastrofizzazione ed evitamento che peggiorano ulteriormente i valori al DRI.
Strategie terapeutiche
Una recente metanalisi (gennaio 2021) ha riportato l’esistenza di diverse modalità di trattamento: la TENS e tecniche di rilasciamento muscolare, quest’ultima associata a musica rilassante, hanno mostrato forti evidenze. Altre strategie, seppur con studi di qualità inferiore, ci sono il trattamento manipolativo osteopatico (OMT), l’esercizio attivo, il kinesiotape e l’agopuntura. Al momento non ci sono studi a supporto dello yoga e di altre terapie fisiche.
Approccio osteopatico
Per quanto riguarda l’approccio osteopatico, ad oggi alcune evidenze lo consigliano, pur in assenza di studi qualitativamente elevati o che propongano protocolli standardizzati o meno specifici, ossia basati sulla valutazione individuale del paziente e le tecniche proposte attualmente negli RCT coinvolgono manipolazioni vertebrali, mobilizzazioni, muscle energy techniques (MET).
Portare avanti un trial clinico risulta quasi impossibile per ragioni di non riproducibilità del trattamento (dipeso dalla valutazione sul paziente), inoltre si rischia di proporre trattamenti non idonei alle esigenze del singolo paziente, rendendo di fatto il protocollo clinicamente idoneo solo ad una parte del campione trattato. L’altro limite è dato dal “kappa” delle tecniche valutative, che non consente di avere coerenza tra valutazione ed eventuali protocolli personalizzati proposti.
Fatte queste considerazioni, l’approccio manipolativo si mostra efficace nella maggior parte degli RCT, specialmente quando associato in trattamenti multimodali comprendenti esercizio attivo e pratiche di rilassamento. I risultati migliori sono nella riduzione del dolore sul breve e medio termine e della disabilità associata, con risultati minori su funzionalità post-parto e sul dolore a lungo termine.
L’efficacia, l’ottimo rapporto costo/beneficio ed il basso rischio rendono comunque l’approccio osteopatico un valido strumento nelle mani del professionista per aiutare le gestanti durante e dopo il loro percorso.
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Bibliografia essenziale: