La tiroidite di Hashimoto, o tiroidite cronica linfocitaria, è un’affezione cronica di origine autoimmune, che talvolta può essere accompagnata da ipotiroidismo, caratterizzata dalla presenza di anticorpi anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e anti-tireoglobulina (anti-TG) circolanti. La diagnosi si basa anche sull’esame ecografico, che mostra una ridotta ecogenicità del tessuto tiroideo.
È tra le più frequenti patologie della tiroide e la prima causa di ipotiroidismo primario nelle aree del mondo iodio-sufficienti.
Si suppone che la causa sia una combinazione di suscettibilità genetica e fattori ambientali che causano la perdita di tolleranza immunologica, con conseguente attacco autoimmune al tessuto tiroideo e comparsa della patologia.
Secondo alcuni ricercatori, un fattore predisponente è da attribuirsi a una pregressa infezione virale, quale il virus di Epstein-Barr.
Si presenta in circa 0,3-1,5/1000 soggetti all’anno, con una frequenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini (4-10 volte).
Dagli esami ematochimici, il primo indice di riferimento per avviare l’iter diagnostico è il TSH o ormone tireotropo. Il TSH è un ormone trofico peptidico, secreto dall’adenoipofisi, che ha come bersaglio la ghiandola tiroidea, con lo scopo di aumentare la produzione degli ormoni tiroidei. Quando questi ultimi sono presenti nel circolo ematico in determinate quantità, l’adenoipofisi rallenta la secrezione di TSH.
Studi recenti hanno mostrato una maggiore incidenza di carenza di vitamina D nei soggetti con tiroidite di Hashimoto, rispetto alle persone sane.
Inoltre, nel tratto intestinale si verifica una speciale interazione tra i nutrienti e il tessuto linfoide associato all’intestino (gut-associated lymphoid tissue). Gli enterociti della barriera intestinale agiscono come “sensore” per gli antigeni dei nutrienti e del microbiota intestinale innescando una risposta immunitaria. Gli studi che hanno studiato l’influenza della nutrizione sulla tiroide hanno evidenziato un ruolo importante dei macronutrienti e dei micronutrienti nella modulazione dell’omeostasi immunitaria.
Trattamento
Il trattamento prevede la terapia sostitutiva con levotiroxina (T4) che non dipende solo dal livello di TSH, ma anche da altri fattori, come l’età, la presenza di gravidanza o comorbidità.
Il trattamento dei soggetti con ipotiroidismo subclinico è tuttavia un argomento controverso. In generale, la terapia sostitutiva è indicata se la concentrazione di TSH è >10 mU/l. L’obiettivo del trattamento biochimico per la sostituzione di T4 è raggiungere un livello di TSH entro l’intervallo di riferimento (0,4-4,0 mU/l).
Nonostante la terapia ormonale sostitutiva ben compensata, un considerevole numero di persone, riferisce una persistenza dei sintomi, verosimilmente legati al ruolo diretto del processo autoimmune.
Approccio osteopatico
Un ruolo riconosciuto dell’osteopatia è ricercare l’omeostasi dell’organismo. Sulla base del principio fondante tale disciplina, si presuppone che il trattamento viscerale dell’intestino e del fegato potrebbe modulare l’autoimmunità nella tiroidite di Hashimoto, anche se non vi sono studi a sostegno di tale ipotesi.
A questo proposito, Sonberg e colleghi, in uno studio del 2007 e pubblicato nel 2010, fornirono prove preliminari che suggeriscono che il trattamento osteopatico aiuti ad alleviare il dolore muscoloscheletrico nelle donne in post-menopausa trattate farmacologicamente per ipotiroidismo.
Sulla base di questi risultati preliminari, è stato condotto uno studio pilota presso EOM Italia su persone con tiroidite di Hashimoto per verificare se un protocollo di trattamento osteopatico, integrato alla terapia ormonale sostitutiva, potesse contribuire al miglioramento dei sintomi e della qualità di vita.
Il protocollo osteopatico comprendeva tecniche strutturali e craniali per l’ipofisi, per il sistema nervoso vegetativo (SNV) legato alla ghiandola tiroide, per il fegato (produzione di immunoglobuline) l’intestino, oltre che tecniche viscerali dirette a fegato e intestino e tecniche vascolari.
Dai risultati preliminari misurati nel breve termine, si è osservato un miglioramento statisticamente significativo del livello di fatica, della qualità del sonno, delle mialgie e della qualità della defecazione, oltre a una riduzione dei valori TSH e del titolo autoanticorpale (nello specifico degli anti-TG).
Questi risultati offrono spunti interessanti di discussione sul ruolo dell’osteopatia nella modulazione del sistema immunitario e il suo inquadramento rispetto al sistema endocrino, che potrebbero essere impiegati per lavori futuri, con campioni più ampi.
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Bibliografia essenziale
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