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La stabilizzazione vertebrale 

Articolo a cura di Dr.Marco Mattia Morello

La stabilizzazione vertebrale 

Indice:

1. Descrizione 

2. Condizioni che portano all’intervento 

3. Guarigione

4. Riabilitazione e approccio osteopatico 

5. Bibliografia essenziale  

1. Descrizione 

La lombalgia è una delle più comuni cause di disabilità nella popolazione moderna e questa spesso persiste anche nei soggetti sottoposti ad intervento chirurgico di stabilizzazione vertebrale.

Questo consiste nell’immobilizzazione o anchilosi di due o più vertebre mediante fissazione dei corpi vertebrali e spesso può essere associato a discectomia o laminectomia. Tra gli effetti avversi si riscontra la sofferenza a carico dei segmenti adiacenti a quelli fissati, ripercussioni a carico dell’apparato viscerale e del sistema nervoso.  

Esistono diversi approcci classificati in base alla via di accesso rispetto al rachide: anteriore (ALIFT), posteriore (PLIF), transforaminale (TLIF) e laterale (LLIFT). 

2. Condizioni che portano all’intervento 

Le principali indicazioni riguardano le malattie degenerative del rachide lombare che non rispondono al trattamento conservativo, con obiettivo di migliorare i sintomi algici alla colonna o i sintomi irradiati all’arto inferiore in persone con una compressione nervosa dovuta a varie condizioni cliniche come spondilolistesi, patologie del disco intervertebrale e stenosi del canale intervertebrale. Inoltre può essere proposta in presenza di patologia oncologica a carico dei segmenti ossei, esiti di trauma vertebrale e scoliosi. 

La stabilizzazione vertebrale

3. Guarigione 

La procedura chirurgica, per sede di accesso e tipologia di stabilizzazione, comporta che questi interventi riportino ripercussioni in relazione alla dissezione muscolare; all’impatto dovuto ai segmenti immobilizzati ovvero le patologie degenerative legate all’ipermobilità delle strutture ossee sub o sovra giacenti o delle articolazioni limitrofe; ripercussioni sull’apparato viscerale e possibile sanguinamento. Inoltre vi può essere peggioramento della sintomatologia algica, spesso associato alla compressione del nervo a più livelli, con conseguente indicazione al re intervento. 

4. Riabilitazione e approccio osteopatico 

Per quanto riguarda i tempi di inizio del programma riabilitativo, anche al fine di favorire il rientro a lavoro, è raccomandato di iniziare il più precocemente possibile con l’attività aerobica con un programma di deambulazione associato all’educazione del paziente e alla mobilizzazione del sistema nervoso per poi iniziare il programma riabilitativo progressivamente dai due, tre mesi post operatorio per allinearsi con i tempi di guarigione del tessuto osseo.  

Le principali proposte riabilitative sono le seguenti:  

TECNICA DESCRIZIONE EFFICACIA 
esercizio cardiovascolare attività aerobica come deambulazione e cyclette, precoce e a tolleranza dimostrata 
mobilizzazione dei tessuti molli trattamento della componente muscolo tendinea (stretching, massaggio ecc…) non particolari evidenze supporto 
mobilizzazione del sistema nervoso attraverso tecniche di neuro dinamica (biomeccanica del sistema nervoso) non particolari evidenze supporto 
mobilizzazione articolare a carico di altri distretti come anche e vertebre toraciche, al fine di ottenere una corretta postura ed adeguata funzionalità al fine di ridurre lo stress sulle zone stabilizzate non particolari evidenze supporto 
core stability exercise (CSE), motor control perseguita attraverso pilates based exercise (PBE), con la contrazione della muscolatura addominale ed estensoria del tronco, associato a quella perineale ed alla respirazione diaframmatica si ha un effetto di sostegno che protegge la colonna e riduce il rischio di patologie sui segmenti interessati fortemente raccomandati 
educazione del paziente adeguata comunicazione riduce il livello di ansia, aumenta la collaborazione e il livello di soddisfazione del paziente raccomandata nel pre- o post-operatorio 
analisi psicosociale pre- e post-operatoria atteggiamenti di paura del movimento, ansia, atteggiamento al catastrofismo e depressione sono attitudini riscontrate in questa tipologia di pazienti raccomandata 
home therapy e graded activity and pain education (GAPE) esercizio autogestito, correzione ed educazione dello stile di vita e progressiva esposizione allo sforzo al fine di ridurre la paura del movimento raccomandati 
tecniche osteopatiche (OMT) e chiropratiche utilizzo di tecniche counterstrain, rilasciamento mio fasciale, muscolo energia,  tecniche di Still, manipolazione spinale ed articolare dei segmenti ipomobili, trattamento del nervo vago, diaframma e viscerale reperibili alcuni case report a supporto 

Nonostante l’integrazione di più tecniche venga proposta da diversi autori e rappresenti un valido strumento terapeutico per trattare gli esiti riscontrati, in particolare il dolore, risulta necessario approfondire, dal punto di vista biomedico e clinico, l’analisi degli effetti di queste procedure applicate sia individualmente che abbinate ed in particolare di quali meccanismi dell’OMT contribuiscano a ridurre i sintomi indagati. 

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Bibliografia essenziale  

 
Madera M, Brady J, Deily S, McGinty T, Moroz L, Singh D, Tipton G, Truumees E;  for the Seton Spine Rehabilitation Study Group. The role of physical therapy and rehabilitation after lumbar fusion surgery for degenerative disease: a systematic review. J Neurosurg Spine. 2017 Jun; 26(6):694-704. doi: 10.3171/2016.10.SPINE16627. Epub 2017 Mar 10. 

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